Guest post – Il valore della non scrittura

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Giunto alla soglia dei 600 post da quando sono in rete, oggi per la prima volta ospito un’interessante riflessione sulla scrittura che vi verrà offerta da Michele Scarparo, il blogger di Scrivere per caso, e che molti di voi già conoscono.

Approfitto dell’occasione per ricordarvi che non avendo mai pensato a regole d’ingaggio per il guest blogging, la pubblicazione di guest-post è rivolta a tutti quei blogger che avendo qualcosa di interessante da dire, desiderano diminuire la propria visibilità nel web. Non se ne capirebbe altrimenti il masochismo di bruciare su questo blog ottimi argomenti che in pochissimi leggeranno. Resta però implicitamente inteso che meno siamo, meglio stiamo.

Vi lascio ora a Michele.

 

Qualche sera fa riflettevo sull’importanza di quella cosa che gli americani (sempre loro!) chiamano backstory. In effetti l’insieme dei retroscena di una storia, retroscena che però non trovano posto tra le pagine se non per rimandi e allusioni, è quello che «fa» davvero il libro. Ok, la scrittura. Ok, la trama. Ok, l’uso della lingua. Ma quello che aggancia il lettore è proprio tutto quello che lo scrittore NON scrive: è lì che chi legge deve fare lo sforzo e attivare la propria immaginazione, ed è quello il momento in cui davvero il lettore si proietta all’interno della storia, colmandone i buchi con immagini di sua scelta. Immagini, giocoforza, che gli saranno gradite e che quindi gli renderanno tutto il resto piacevole.
Vista così, la scrittura diventa una specie di «negativo» di una storia. Lo scrittore compone «il soverchio» per dirla con Michelangelo, lasciando al lettore il compito di immaginare la statua.
Mi pare che ci sia una grande verità in questa cosa… Voi cosa ne pensate (sempre che io sia riuscito a spiegarmi)?

 

Secondo me c’è riuscito. Ora vi tocca anche di rispondere…

Michele Scarparo scrive, e questo è un fatto incontrovertibile che nessuno può negare. Famoso per avermi sottratto il thriller paratattico, non sa trattenersi dal fregarvi finanche le virgole, appena vi girate. Se proprio decidete di frequentarlo fatelo in incognito.

 

33 commenti

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33 risposte a “Guest post – Il valore della non scrittura

  1. miscarparo70

    “La pubblicazione di guest-post è rivolta a tutti quei blogger che avendo qualcosa di interessante da dire, desiderano diminuire la propria visibilità nel web”.

    Mi piace questa cosa. Penso che guest-posterò qui più spesso 🙂

  2. Grilloz

    Un po’ la teoria dell’iceberg (sta volta lo scrivo giusto e non in tedesco :D) di Hemingway. La “backstory”, la storia vissuta e non raccontata dei personaggi, se non per piccoli accenni, è ciò che li rende più reali, più vivi, ed è uno dei parametri che uso per distinguere uno scrittore bravo da uno mediocre.

    • miscarparo70

      La parte davvero difficile è capire quanto nascondere e quanto no. Cosa nascondere e cosa no. Però costringere il lettore a metterci del suo migliora di sicuro il risultato.

      • Grilloz

        Certo che è difficile, per questo distingue gli scrittori bravi bravi 😉
        Ciò che spesso mi capita leggendo manoscritti è di trovare personaggi che vivano esclusivamente nel presente (narrativamente parlando) mi danno la sensazione che non abbiano una storia, un vissuto. Non è solo questione di flashback, che in genere fan parte della trama (e quelli chi più o chi meno li mettono tutti) ma appunto fan parte della trama, come se il personaggio esistesse solo in quei frangenti e non al di fuori. Mi riferisco a piccoli elementi, piccoli dettagli, basta anche un capo d’abbigliamento, per dire, quel maglione era il suo preferito da quando aveva 16 anni, incontro Carlo che era un suo amico d’infanzia, piccolezze che non hanno bisogno di essere raccontate, che sarebbe noioso farle, ma che danno rotondità e spessore.

      • miscarparo70

        Già: credo che, per me, l’ideale sarebbe sempre scrivere almeno il doppio delle pagine. Della metà “tagliata”, alla fine, rimane l’eco nelle restanti.

      • Grilloz

        Mi ero perso un po’ nei passaggi matematici del doppio della metà 😛
        Beh, potrebbe essere un metodo, scrivere tutto tutto, e poi tagliare man mano.

  3. 15 righe: il guest- post più breve della storia dei blog!
    Breve ma essenziale.
    Immaginare una trama da piccoli indizi, rimandi e allusioni che lo scrittore inserisce nella narrazione coinvolge il lettore a 360 gradi, lo costringe ad attribuire un ruolo attivo alla sua fantasia. Bello!
    Mi aspetto che il guest-blogger ci dia presto una dimostrazione di questo suo assunto. 😀

  4. Hai scritto 600 articoli?? Ne hai di tempo da buttare, eh?! XD

    P.S. Bravissimo Michele, condivido: le sottotrame appena accennate sono il motivo per cui uno, arrivando alla fine di un libro, si chiede: «E poi?».

  5. Helgaldo come sempre sottovaluta la portata del suo blog, che, in realtà, ha molti lettori. La teoria di Michele (ciao Michele) è affascinante. Da lettrice forte posso dire di non aver granché bisogno che il libro in qualche modo attivi la mia fantasia, perché è già bella sveglia di suo, sempre pronta, diciamo pure fin troppo. Da autrice non credo di essere in grado di compiere l’operazione che citi, bella eh, ma tendo sempre a raccontare molto, infatti note al web sono le problematiche con le proposte di tagli. Sarà quindi che svelo troppo? ;D

    • miscarparo70

      (ciao Sandra) Chissà! 🙂

      La questione non è tagliare capitoli o personaggi, ma proprio il vissuto dei personaggi che non fa strettamente parte della storia. Lasciare per esempio che sia il lettore a intuire perché il tale sia antipatico al protagonista, senza raccontargli l’evento che lo ha reso tale. Lavorare (anche) per allusioni, insomma.

      • Si potrebbe fare il Thriller sulle allusioni: in fondo sono anni che la giovane donna si è persa a Montmartre e nessuno sa ancora cosa diavolo ci sia andata a fare di notte!

      • miscarparo70

        Lo aggiungo alla lista dei possibili thriller (ebbene sì: ne ho una lista, in canna)

  6. iara R.M.

    Ho preso appunti! 🙂 Ora, ci vorrebbe proprio un bell’esercizio laboratoriale per approfondire l’argomento. 😀

  7. Assolutamente sacrosanto! Quando ho iniziato a collaborare con Sherlock Magazine per gli apocrifi il responsabile mi ha mandato un sacco di (preziosissimi) consigli, una mail intera era dedicata a tutto quello che non dovevo assolutamente raccontare se non per allusioni. Tra l’altro lì si tratta di raccontare personaggi noti, ma di cui la backstory è per lo più ignota. Per poterci lavorare il trucco è: la backstory devi costruirtela (o sceglierne una di quelle già create dagli appassionati), rimanere coerente, ma mai, mai narrarla per intero.

    • miscarparo70

      Cominciando da quel lavoro sui personaggi di cui si parlava qualche giorno fa da te, imbeccati dal post sulla trama di Helgaldo…

      Ma così, per dire, * fa finta di niente e si guarda le unghie* cosa dicono anche, questi consigli?

    • Eh, sì. Ha ragione Michele, devi assolutamente farci un post… 🙂

      • Tutte (quasi) robe tecniche per fanatici sherlockiani. E dire che io non ho ancora capito da dove abbiano ricavato il compleanno del buon Sherlock (6 gennaio, per la cronaca).

  8. Oggi è successa, e spero che succederà ancora, una cosa nuova per me: ho fatto da spettatore al blog 🙂

    Sembrerà strano, ma che tutti voi grazie a Michele vi ritrovate liberi di dialogare tra di voi di un argomento interessante in casa mia, mi rende orgoglioso. Vuol dire che questo luogo è un punto di snodo di tante idee che nascono e crescono indipendentemente dall’azione del padrone di casa.

    Forse è un segno di un altro modo di concepire l’utilità di un blog, dove il contenuto non è legato a chi posta, ma alla discussione che ne deriva.

  9. Un open-space letterario, un loft virtuale, the Factory de noantri! 🙂

  10. Pingback: Acchiappami – Quando il marketing editoriale inganna – Scrivere per caso

  11. Scusate il ritardo, ultimamente sono una pessima frequentatrice di blog, perfino dei miei preferiti. 🙂
    Non solo sono d’accordo con Michele, ma mi rincuora leggere che lo siate tutti perché tempo fa ho discusso di questo argomento con una persona “esperta” e abbiamo quasi litigato. La sua tesi era: il lettore paga per il libro quindi l’autore deve dirgli tutto e non fargli fare lo sforzo di immaginarsi qualcosa da solo. Non ero d’accordo allora e non lo sono neanche adesso. Non stiamo parlando di buchi nella trama, ma del “materasso invisibile” che dà spessore alla trama raccontata e invisibile (ma presente) deve restare.

  12. Pingback: Thriller paratattico n. 36: una prospettiva diversa – Scrivere per caso

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