Quieto vivere

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Il lunedì Concita De Gregorio intervista Stefano Rodotà, Paolo Mieli, Roberto Vecchioni, Jovanotti, Lilli Gruber e Vito Mancuso. Quest’ultimo la sera prima era stato ospite da Fabio Fazio il quale aveva anche invitato Corrado Augias, Fiorella Mannoia e Andrea Camilleri. Augias nella sua trasmissione mattutina del martedì ha come ospiti Piergiorgio Odifreddi e Federico Rampini. Entrambi scrivono su Repubblica, il cui vicedirettore Massimo Giannini conduce il mercoledì, su un canale nazionale, una trasmissione con «opinionisti» Concita De Gregorio, Jovanotti e Paolo Mieli. L’ex direttrice dell’Unità era stata ospite da Fazio il sabato precedente insieme con Aldo Cazzullo che, per caso, aveva con se il suo ultimo libro sulla Resistenza. Oltre a Fazio, Cazzullo veniva sollecitato dai commenti arguti di Massimo Gramellini, il quale scrive sulla Stampa di Mario Calabresi che, nella sua trasmissione del giovedì su Rai 3 intervista Andrea Camilleri e Stefano Rodotà. La puntata precedente Calabresi aveva presentato il penultimo libro di Veltroni e l’ultimo di Franceschini di cui ne aveva tessuto le lodi Gramellini su La stampa e Cazzullo sul Corriere (dopo che entrambi avevano recensito positivamente i libri della Gruber, di Luciano Canfora, di Concita De Gregorio, di Roberto Vecchioni e di Stefano Rodotà) ma ne aveva parlato bene anche Serena Dandini nella trasmissione del venerdì notte dove erano ospiti Paolo Mieli, Federico Rampini, Jonavotti, Fiorella Mannoia e Lilli Gruber. Quest’ultima su La7 ha ospite in studio… e così all’infinito.

Se però cambiate la parola trasmissione con la parola blog, e al posto del primo personaggio ci mettete il nome di un blogger qualsiasi, succede la stessa identica tribù. Ci si complimenta addosso, ci si recensisce addosso, ci si imbroda addosso. Ma la ciliegina sulla torta devo ancora dirvela: privatamente ricevo mail da Fabio Fazio e Massimo Giannini dove mi confessano che di Andrea Camilleri e di Concita De Gregorio non se ne può più, ma devono sorridere per quieto vivere.

 

63 commenti

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63 risposte a “Quieto vivere

  1. Ma tutti continuano a guardare la televisione.
    E comunque Helgaldo, quando vuoi ti ospito sul mio, di blog 😛

    • È vero: tutti continuano a guardare i blog, ehm la televisione. L’orrido ci affascina.

      Lo so che mi ospiteresti, per quieto vivere. 😀

      Ma non dovevi commentare e mettere un like!, adesso penseranno che sia tu a scrivermi in privato… sappiate quindi che Barbara NON mi scrive queste cosacce privatamente 😉

      • Io ti ospiterei perché quello che scrivi ha valenza per me (che sembra che leggo e basta, ma leggo e studio). Ho appena rifiutato “un’ospitata” che non era in linea con i contenuti del mio blog, per quanto mi abbia fatto piacere la proposta. Quindi, no, non incenso nessuno.
        Vedo anch’io certe incensate altrui, ma le fiuto da lontano quando sono appunto incensate.
        … il fatto però che io sia una groupie di Sandra non c’entra eh! 😉

      • Anch’io sono una groupie di Sandra, batti il cinque!

  2. Massimiliano Riccardi

    Dai, dai, sorridiamo. Il rituale eucaristico non è necessariamente, sempre e per forza, solo apparenza. Ci sono rapporti di stima e condivisione che, in pubblico, semplicemente seguono l’etichetta di un galateo Bizantino. Tutto lì.

    • Posso dire che come persona sei splendida e come scribacchino puoi divertarlo?

      Ma certo che bisogna sorridere, qui si sorride sempre, mai seri. Guarda la faccina… 🙂

      • Massimiliano Riccardi

        Ussignur, qualche ex moglie e collega potrebbe dire la sua in merito alla splendida persona. Per quello che riguarda l’essere scribacchino… paradossalmente è più difficile ancora, mi arrabatto e imparo strada facendo. 😀 la storia della mia vita sin dai tempi della scuola: il ragazzo è intelligente ma non si applica 😀
        (noterai che a faccine non ho lesinato nemmeno io)

        ps
        tu hai un grosso problema, sei troppo intelligente, non diventerai mai Ministro o personaggio di spicco della cricca degli intellettuali autoreferenziali. Mi spiace, so che ci tenevi…. 😀

      • E che, ora ci facciamo i salamelecchi a vicenda? Allora non abbiamo capito niente… Ricominciamo: siamo due pessimi individui e due pessimi scribacchini. Ho detto solo la verità.

      • Massimiliano Riccardi

        Hahahaha Vedi? Vedi com’è facile caderci? Eppure la mia stima è sincera, ma a un osservatore di passaggio… 😀

      • Sai, è anche questo: creiamo delle strutture dove chi è di passaggio non è invogliato a fermarsi. Dice, tanto sono già a posto così, si conoscono già tutti. Siamo piccole tribù stipate in poche capanne. Non c’è più posto per aggiungersi. Eppure il web nasce come spazio virtuale, dilatabile all’infinito. Bisognerebbe creare dei blog che smistino la gente di passaggio verso universi lontanissimi. A volte sento bisogno di voci nuove e sconosciute.

      • Massimiliano Riccardi

        Sì, hai ragione. In questo senso ci si può fare poco. Io, visto che blogger lo consente, ho deciso di non fare top ten, seven, five, di commentatori, ho inserito la possibilità di apparire anche all’improvido visitatore che vuole, se lo desidera, dire la sua. Chi è di passaggio vale, eccome se vale.

  3. Temo che la genuinità di certi apprezzamenti stia un po’ andando a farsi friggere. Io sono una che ammette tranquillamente di scrivere a Hel per cose che non ho voglia di rendere pubbliche, sì.
    Perché? Ipocrisia? Voglia di quieto vivere, come lo chiama Helgaldo? Paura di essere fraintesa e passare per polemica?
    Di solito porto esempi concreti, poi è chiaro che l’opinione degli altri può essere diversa dalla mia.
    Se una gonna è due spanne sopra il ginocchio è oggettivo dire che è corta (e questo è il messaggio che cerco di veicolare nelle mie lagna mail), ma è soggettivo dire se sta bene, male, così cosà, orrore, bellissime gambe, no, non si porta dopo i 40 ecc.
    Ammiro molto la personalità di Helgaldo che ha saputo tenersi fuori dai circoli al punto da venire contattato per cercare sponde.
    Un abbraccio

    • Cara Sandra, tutta la prima parte del post l’avevo copiata tempo fa da una pagina di libro che avevo tra le mani per caso. Mi sono detto: ma guarda com’è la dinamica della cultura in tv. Identica alle nostre che però critichiamo quei comportamenti pubblici ma li ripetiamo pari pari sui blog. Si scrive su un blog per essere liberi e poi ci si va a rinchiudere in schemi che vorremmo fuggire. Solo la cara vecchia mail personale ci protegge dal non essere respinti in rete, dove un pensiero diverso fatica a sopravvivere. Forse non c’è altra scelta, non si sa trovare un comportamento alternativo e valido.

      Hai ragione, tenersi fuori dai circolo restando in contatto positivo con tutti è difficile, implica un calcolo delle distanze di volta in volta da rivedere. Bisogna proprio lavorarci. Coraggiosa a dire quello che hai detto.

    • Tiziana

      Helgaldo è il nostro confessore. Perdonaci poiché abbiamo peccato. 😛

  4. Michele Scarparo

    Quello che diceva sempre la verità è finito inchiodato a una croce. Potrei decidere di farlo anche io? Certo, solo sapendo (come lui sapeva) che dopo tre giorni poi resuscito. 😛

  5. Michele Scarparo

    PUBBLICITÀ PROGRESSO

    Volete una critica sincera e fuori dai denti? Partecipate a “Sostiene l’autore” (your mileage may vary).

  6. Chi può stabilire cosa è genuino e cosa no delle cose dette nei vari blog. Io immagino che si possa individuare l’apprezzamento sincero, quello che lo è in parte e quello che non lo è affatto. Spero che il buon senso non porti ad affidarsi totalmente al giudizio espresso in un commento per nutrire l’amor proprio.

    E poi, cos’ha di sbagliato il savoir-faire?
    Non è che se vedi un’amica che sfoggia una improbabile capigliatura fresca di parrucchiere ti avvicini e le dici serenamente “come ti sei fatta conciare i capelli: sembri un tartufo”. 😀

    • Michele Scarparo

      La nemica è quella che ti dice: “Sei un tartufo”. L’amica vera quella che te lo dice, ma in camera caritatis.

      Tutto in teoria, ovvio, ché in pratica potrebbe essere esattamente l’opposto; tenersi il dubbio serve a costruire una bella trama sulla menzogna.

      • Ecco, per me la camera caritatis fa la differenza: almeno se devi odiare una persona non hai bisogno di spiegare le ragioni al mondo che ti guarda.

      • No, Marina, l’odio è una cosa brutta e il senso del post non va in quella direzione. Da alcune mail che ho ricevuto nel tempo mi sono fatto l’idea che in rete si deve tenere quella stessa prudenza e quieto vivere che già abbiamo nelle relazioni sociali reali. Ci si imprigiona da soli, non si è liberi di dire ciò che si pensa fino in fondo esattamente come non lo si è davanti a un capo o un collega in ufficio o nell’associazione che si frequenta. Ma mentre in questi casi ci sono motivi e opportunità valide a soggiacere a questo comportamento, nei blog – soprattutto quelli del nostro tipo che dovrebbero essere più aperti, liberi e sinceri – si ricade nello stesso schema anche se non c’è motivo.

        Ho la sensazione, magari sbaglio, che sul mio blog per motivi espressi e soprattutto non espressi, ci sia più libertà per tutti di dire quello che in altri luoghi si preferisce tacere. Un po’ più di libertà, almeno. O forse mi piace vedermi così e invece ho lo stesso limite di tutti. Però intanto ne stiamo parlando, è già qualcosa.

      • “… ci sia più libertà per tutti di dire quello che in altri luoghi si preferisce tacere. ” Ora, non so se frequentiamo gli stessi luoghi, alcuni si. Ma non vedo le condizioni della chiusa del post: qualcuno dovrebbe scrivere qui che è stanco di ricevere in casa propria Andrea Camilleri e Concita De Gregorio? Che gli stanno altamente sui bipbipbip ma per coprire il calendario editoriale e non scendere a picco di lettori tocca anche accettare le Markette di Chiambretti? Perchè, ehm, come dire, proprio a proposito della libertà, pare che anche tu ci stia girando intorno Helgaldo 😉

      • Potrei dire come in quei famosi passaggi politici che sono stato frainteso. Userò un’altra formula: ti ringrazio della domanda che mi dà la possibilità di… dire che, è solo un esempio, quando elencavi le qualità di un programma gratuito di scrittura sul tuo blog, dove compariva una visione della trama solo di un certo tipo, ma che pretende di valere urbi et orbi, ho sentito la necessità di aprire la questione sul mio blog per ciò che è lacunoso in quel programma: è stato costruito con dei modelli di trama solo di un certo tipo. Potevo parlarne anche da te, ma se ne fosse nata una discussione tra me e il programmatore, avresti messo sullo stesso piano le mie critiche alle sue scelte di programma?

        Qui, altro esempio, parlano quelli sia a favore del self-publishing sia quelli contrari. Marco Amato, Ariano Geta, Darius Tred vengono spesso a controbattere con argomentazioni. In tanti blog dove si loda il self-publishing quelli che hanno delle perplessità hanno imparato a proprie spese a girare al largo. Tant’è che poi una famosa discussione sull’autoeditoria l’abbiamo impostata proprio da me.

        Chi ti sta altamente sui bipbip è un discorso che non c’entra con questo post.

      • Ahhhh, e adesso capisco!! Avendo tu inserito una premessa con i vari prezzemolati della tivù, ero stata fuorviata dal discorso!
        Su quel programma di scrittura, avrei messo le tue critiche al pari delle sue. Primo, non conosco il programmatore, nemmeno conosco te effettivamente se è per quello, però almeno tu mi leggi e commenti. Secondo, non me l’hai chiesto, ma se lo avessi fatto (e la cosa se vuoi vale anche adesso) ti avrei offerto un guest post dove riportare tutte le lamentele sulla “trama cablata” e questa volta sì potremmo chiamarlo in causa (Twitter e inglese permettendo, ma anche lì oramai sono attrezzata). E potrebbe (se ci darà retta, non è detto) nascerne anche un ottimo confronto con le idee che hanno oltreoceano sulle trame, why not? (questo valga anche per dire che potete sempre chiedere spazio, chiedere è lecito, rispondere è cortesia). Magari potremmo pure scoprire che o il programma ha dei limiti o finora nessuno ha mai sollevato la questione e non è stato migliorato.
        Sull’annosa questione selfpublishing… non è che io non voglia schierarmi, ma sinceramente non capisco queste lotte alla Guelfi contro Ghibellini, Montecchi contro Capuleti, Scozzesi contro Sassoni (che pur parteggiando per gli scozzesi, pure loro ne han combinato di grosse). La scelta con chi e quando e come e dove pubblicare è personale, così come la stessa scrittura. A litigare si sprecano energie, da conservare per scrivere o leggere. Poi c’è anche chi “cavalca” di proposito l’onda, perché è uno degli argomenti che infiamma il numero di commenti e visite.
        E sì, in questo blog allora c’è maggior libertà di parola. 🙂

      • Questo è solo un esempio che prendo da te perché ci riguarda. So che hai un blog aperto, e tu stessa commenti nel mio in aperto contrasto con il mio pensiero, argomentando le tue tesi. Ti senti libera di esprimerti senza remore e sai che il tuo commento non verrà deriso, o ancor peggio ignorato, o liquidato in modo sbrigativo (altra forma di chiusura od omologazione).

        Se nello specifico ho portato la discussione sul mio è per evitare di rompere una certa direzione presa dal tuo post e nei commenti tutti a favore. A volte può sembrare irrispettoso o creare tensioni un intervento come quello che avrei potuto fare. Allora che fa un blogger? Evita di intervenire direttamente, forse sbagliando. Ma questo capita anche perché se trovi pochi interventi contrari su un blog – qui sto generalizzando – ti fai l’idea che la contrarietà non è vista di buon occhio, o viene gestita con fastidio. Dove invece questo già avviene si è più tranquilli anche nell’esprimersi in modo diverso dal blogger che ospita, perché si vede che reagisce positivamente alla diversità di opinioni.

      • Una bella trama sulla menzogna, ecco cosa serve!

    • Sono d’accordo, benissimo il savoir faire, ma l’amica tartufo non mi danneggia, io mi lagno di altro, quando sei coinvolto da vicino diventa difficile sfoderare buon senso invece di artigli.

    • Massimiliano Riccardi

      Giusto Marina. Io poi, questa è una deformazione professionale, parto sempre valorizzando gli aspetti positivi in una discussione. Il counselig è importante nel mio ambiente, uno studente tirocinante che si relaziona con me vede mettere in risalto quello che di buono c’è in lui e da li si parte o si riparte per correggere gli errori. Non vedo perchè partire subito con durezza verbale o ideologica che sia. Francamente mi sono affrancato sin dai tempi dell’adolescenza dal bisogno di apparire fuori dal coro, a tutti i costi contro il sistema. Anche perchè poi realizzi che a fare l’anticonformista con il gruppo di amici anticonformisti non è altro che un modo per creare una cerchia di amiconi mooolto conformisti. Che noia 😀 😀 😀

  7. Tiziana

    Ci si fida. O no? Se sei genuino si vede nel bene e nel male. Se sono in disaccordo lo dico sicuramente. I complimenti sinceri si percepiscono dalla stima che poi dai in altre occasioni più private, lontano dai commenti. Quando la fortuna non accompagna l’altro, se ricevi o meno l’aiuto, puoi star tranquillo che era un amico vero. Se ti sostiene, ti elogia nel momento giusto (privato o pubblico che sia), e ti tira le orecchie in separata sede, allora sì, credici che i complimenti erano veri. I ruffiani più arditi non reggono per molto tempo.

  8. Sarò sincero: non ho capito un beneamato ca[BIP]. 😀

    Letto tutto così, mi sembra un post per dire tra le righe cose che solo qualcuno può capire. E io, appunto, non sono quel qualcuno…

    • Michele Scarparo

      Magari ho capito male, ma io l’ho capita così: tutti noi scribacchini pubblichiamo racconti. Ogni volta nei commenti è uno scroscio di applausi e la critica, nella migliore delle ipotesi, è un pietoso silenzio. Applichiamo cioè lo stesso meccanismo markettaro di editoria/critica/stampa/televisione che a parole aborriamo: occhio per occhio, like per like.
      Poi, a quanto pare, qualcuno scrive privatamente esponendo dubbi che pubblicamente non si sente di esprimere. Helgaldo ci ha solo messi davanti alle nostre contraddizioni.

      • E questa sensazione, sulle mancate critiche, l’ho avuta anch’io. Poi c’è il giudizio del lettore semplice, quello più puro, che rappresenta il target di chi va in libreria, e il giudizio del lettore che scrive e di quello che scrive c’è da chiedersi sempre se il suo silenzio indica che il racconto fa schifo, non è all’altezza di… di che cosa?! o se magari stà a rosicà… e di che cosa, che non si vince niente?! 🙂

      • Michele Scarparo

        La mia idea è che Helgaldo in teoria abbia ragione ma in pratica abbia torto 🙂

        Ci sono diversi meccanismi in atto:
        * Un blog è un setaccio: si ferma a leggere solo chi apprezza quello che c’è scritto, per come è scritto. Inutile sperare nel soccorso o nelle dritte di un commentatore: chi non apprezza cambia aria da subito.
        * Fare critiche costruttive è fatica e richiede tempo. Non tutti hanno voglia di fare un investimento a perdere (lo è: non ci si guadagna nulla).
        * Fare critiche che vengano accettate richiede un’autorevolezza che hanno in pochissimi: nessuno qui ha vinto uno Strega, per dire.
        * Fare critiche espone al rischio di fare la figura dei rosiconi nonché allo stress di dover gestire un eventuale flame. Lo fai solo se sei hater dentro.

        Il risultato è che la critica si misura solo dal silenzio della risposta. Non che un editore o un autore pubblicato possano sperare di meglio: le stroncature potranno anche fare male, ma il problema vero è il silenzio del pubblico che non compra. Il motivo per cui un libro andrà al macero rimarrà chiuso in migliaia di teste e nessuno potrà mai dire di sapere davvero perché.

      • Quindi, pur non avendo capito, ho capito. 😀
        Per sbaglio, ma ho capito.

        Ma non si diceva che si è liberi di scrivere liberamente nel proprio libero blog?
        Perché scrivere tra le righe e lasciare che i poveri mezzi cervelli come me brancolino (inutilmente) nel buio?
        (Domande retoriche, ovviamente).

        Sul pietoso silenzio avrei le mie riserve: di un blog non si ignorano i post, ma si ignora a volte l’esistenza del blog stesso. Quindi è un po’ difficile distinguere il pietoso silenzio di chi legge ma non commmenta dal pietoso silenzio di chi sul blog non ci è proprio mai arrivato perché non sa nemmeno che esiste.
        Sì, ci sono le statistiche (visitatori, like, ecc…) però sono solo numeri. E si sa che con i numeri si può dire tutto e il contrario di tutto: i sondaggisti americani, dopo l’elezione di Trump, dovrebbero aver imparato qualcosa in proposito (uso il condizionale sottovoce). 😛

      • Michele Scarparo

        Ma io affermo la stessa cosa: infatti l’esperienza è una delle cose più costose che tu possa comperare; né, avendola acquistata, puoi dire d’averla acquisita.
        Helgaldo afferma che, se non ci auto-limitassimo, acquisiremmo esperienza più in fretta. Vero. Il costo di tutto ciò è nel rischio delle relazioni interpersonali. Tu, che sei un informatico, dovresti sapere un po’ di teoria dei giochi: lui ci suggerisce un atteggiamento collaborativo per avere un risultato più alto.

        Come diceva qualcuno:

      • Non penso, però, sia una contraddizione, lo sarebbe se io in pubblico dicessi una cosa e in privato la negassi (che oltre che essere contraddizione sarebbe ipocrisia. Orribile l’ipocrisia), io invece in pubblico dico ciò che penso di positivo, in privato aggiungo ciò che penso di negativo.
        Il mio giudizio contiene entrambe le opinioni, non ne affermo una per poi smentirla.
        Prendi il racconto di qualcuno pubblicato nel suo blog: mi piace perché è scritto bene, perché ne intuisco l’intento, perché riconosco il messaggio che c’è dietro e lo apprezzo, ma penso che la storia potrebbe essere scritta meglio, che manchi di spessore, che sia piena di errori. Il mio commento, se ci sarà, si fermerà alle prime cose pensate, poi, però, con una mail completerò il mio giudizio. Non prendo in giro l’autore del racconto perché gli dico tutto ciò che penso e non una parte, solo che uso l’accortezza di non “schiaffeggiarlo” in pubblico.
        Continuo a pensare che non ci sia nulla di sbagliato in questo atteggiamento.
        Diverso sarebbe il caso di un racconto pubblicato nel blog con l’obiettivo preciso da parte dell’autore di conoscerne i punti forti e meno forti, laddove la richiesta fosse, cioè, esplicita in tal senso. Allora mi sentirei chiamata in causa e direi le cose come stanno (sempre secondo me, poi)

      • Tiziana

        Mica sempre è uno scroscio di applausi. 😛

      • Michele Scarparo

        No, per fortuna. Anche a me, che pure non sono Helgaldo, piace mettere in crisi certi svolgimenti quando facciamo gli esercizi: credo che sia un buon metodo – per tutti – per imparare.
        Però quello che dice Hel è sostanzialmente vero e “sostiene l’autore” ha quelle regole proprio per scardinare certi meccanismi: in effetti i giudizi prodotti sono poco politically correct (e quindi tendenzialmente più utili, anche se non sempre corretti: ma questo è il rischio di affidarsi a commentatori e non a editor professionisti di livello).

      • Tiziana

        Parlo per me. La verità paga sempre. L’unica accortezza è il tono. E una giusta autocritica. Se uno va a scavare dentro di noi sa bene se il giudizio espresso sul testo è veritiero o meno. Lo scambio di opinioni o in alcuni casi gli esercizi, ci aiutano a capire e a sapere cosa piace o no, in cosa siamo portati a scrivere o meno. La critica fa male se non motivata, se non ti fa capire dove. Se spiegata ti fa riflettere. A volte siamo lettori, a volte scrittori (parola non giusta, ma non so che termine usare), in base al ruolo giudichiamo o riceviamo un commento.
        Invece sulla divergenza di pensiero è naturale che esista ed è giusto che ci sia. Quante volte esterniamo pareri contrari? Abbastanza spesso.

      • Hai detto una cosa intelligente, sicuro che è il mio pensiero?

      • Michele Scarparo

        Può essere che ci stiamo sbagliando in due.

      • Però o non si è capito il mio punto di vista o sono io a essermi espressa male (un altro limite delle cose dette per iscritto nei commenti di un blog in cui non puoi fare comizi): la verità va detta. Giusto. Ma io non l’ho negato.
        Faccio solo un discorso legato all’opportunità di dire certe cose pubblicamente che non sempre serve. Questo per dire che capisco e condivido il discorso di Tiziana, tuttavia non lo vedo conseguenziale a ciò che ho detto io.

    • A me sembrava chiaro. Se avessi scritto solo la prima parte del post ora tutti commenteremmo che i soliti noti della Cultura con la maiuscola si parlano addosso l’un l’altro. Ma quello mi serviva solo per mostrare che anche nei nostri blog ci muoviamo con le stesse logiche. Tu sempre a fare il bastian contrario, vero? 😀

      Non ci crede nessuno che non hai capito.

  9. iara R.M.

    E’ proprio difficile essere sempre sinceri e dire tutto quello che si pensa. A volte, si esprimono giudizi positivi, tralasciando quelli negativi più per la preoccupazione di causare dispiacere che per falsità. Però, questo non significa che gli apprezzamenti siano solo un modo per compiacere, così come i silenzi non sempre indicano indifferenza o scarso gradimento. Credo che per certe opinioni ci siano modi, luoghi e tempi adatti. Io, per esempio, quando sbaglio una di queste tre condizioni, di solito, sto malissimo, perché il più delle volte combino pasticci a cui poi, è complicato rimediare.
    (“Chissà, se ho fatto bene a scrivere, adesso.” Questa è una domanda che mi pongo spesso. E spesso, solo dopo aver scritto. 😦 )

  10. Simona C.

    Ho sempre creduto che pubblicare qualsiasi cosa sul mio blog significasse esporlo al libero giudizio altrui, critiche comprese, e voglio che rimanga così. Secondo me, in privato si fanno quelle discussioni che sarebbero troppo lunghe nei commenti. A volte, faccio in privato proprio i complimenti perché non sembrino artefatti.

    Su altri blog mi è stato chiesto di fare complimenti in pubblico e critiche in privato, è più educato. D’accordo, ma una simile gentilezza falsa le riflessioni pubblicate, esclude la discussione. Se leggo un post che tutti elogiano, ormai mi astengo dal criticarlo perché sarei soltanto “la maleducata”, perciò passo oltre e mi annoio.

  11. Che bella discussione che ne è nata.
    A me piace questo luogo perché è più facile dire: non sono d’accordo. Ragionarci su e amplificare assieme le rispettive vedute.

    • Sono d’accordo che non sei mai d’accordo. Quando sei d’accordo inizio a preoccuparmi…

      • ahah
        No, non è vero. Quando sono d’accordo non commento.
        Mi dico ci ha ragione e a lui non piace il commentino striminsito: condivido in pieno quello che hai detto. Bisogna argomentare e se non riesco ad argomentare: mi sto zitto.

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