Quando l’autore viene dopo

Qualche giorno fa mi sono ritrovato tra le mani uno di quei libri realizzati tramite una campagna di crowdfunding. Parliamo quindi di un’edizione cartacea, la modalità di lettura che preferisco, e allora l’ho aperto pieno di speranze, con la voglia di rimanere sorpreso in positivo. E invece mi sono imbattuto subito in qualcosa di irritante. Mi chiedo allora che tipo di sensibilità io abbia rispetto ai libri in generale. Evidentemente alta, poiché certe scelte non passano inosservate.

Mi domando come concepisce il libro un autore che si affida a un editore in crowdfunding. Già detto così, editore in crowdfunding, mi pare un ossimoro degno di analisi anche psicologica. Mi sorge il dubbio che questo genere di scrittore di fronte a un hamburger e a una fiorentina attribuisca a entrambi la stessa qualità. Per carità, adoro gli hamburger, ogni tanto mi viene una voglia irrefrenabile di McDonalds; ma questo non elimina la differenza tra i due tipi di carne: l’importante è avere la coscienza di quello che si sta mangiando, perché la qualità in certi casi è un fatto oggettivo, inutile negarlo… va be’, negazionisti a oltranza ce ne saranno sempre.
Ma abbiamo divagato, torniamo ora al libro in questione.

Dunque, apro questo libro, e qual è la prima cosa che leggo? Il nome dell’editore, a mo’ di titolo, seguito da due pagine di presentazione del crowdfunding: cos’è, cosa non è. In fondo a queste due pagine la firma di chi presumo gestisca questa collana editoriale. Dopodiché ecco apparire il primo capitolo del romanzo. In quelle due pagine, che dovrebbero introdurmi al romanzo che ho tra le mani, non trovo alcun riferimento né all’autore né alla trama né al tema. E questo mi dispiace, anzi mi irrita: sembra che per l’editore conti solo il crowdfunding in sé e per sé.

Mi chiedo se questa organizzazione dei contenuti, questa gerarchia del testo, sia un’infelice scelta legata solo al volume in cartaceo. Spero almeno nell’edizione digitale, una sorta di doppio binario. Invece no, la gerarchia digitale del testo è replicata esattamente. Prima il crowdfunding, dopo il romanzo. Così vado su internet e sfoglio l’anteprima di altri romanzi a caso della stessa collana. Cambiano i romanzi, i generi, gli autori, gli argomenti, si passa dal giallo al fantasy, dal rosa al romanzo di formazione, ma quelle due pagine vengono riproposte identiche, tali e quali, come un disco rotto. Sempre premesse a tutto, in senso letterale messe prima di qualsiasi altra considerazione.

Se questo discorso, per come lo sto impostando, vi sembrerà bizzarro, strampalato, misterioso, non si capisce bene dove va a parare, ma chi se ne frega di quelle due pagine all’inizio, probabilmente siete per l’hamburger e non avete mai badato alla qualità di un libro. Sto parlando di un minimo di qualità, non della fiorentina.
Prendo allora qualche libro a caso dalla mia libreria, chi mi segue lo sa che mi piace verificare sul campo ciò che affermo. A campione, perché s’impara sempre qualcosa su come si fanno i libri.

Ora tra le mani ho On writing di Stephen King. Nella mia edizione la prima cosa che leggo è una «Prima prefazione», c’è scritto proprio così a mo’ di titolo, scritta da King stesso; seguita da una «Seconda prefazione», sempre del Nostro, e da una «Terza prefazione», anch’essa dell’autore. Segue poi On writing. L’editore si riserva solo le ultime due pagine della pubblicazione per elencare gli ultimi saggi presenti nella stessa collana.
Passiamo a E così vuoi lavorare nell’editoria di Alessandra Selmi, Editrice Bibliografica. Aprendo il libro la prima cosa che troviamo è un’«Introduzione. Del perché di questo libro», lunga tre pagine, redatte direttamente dall’autrice.
Ippolita, invece, è un collettivo che pubblica con Laterza La rete è libera e democratica. Falso Anche qui s’incontra una «Premessa» di ben 11 pagine, scritte in terza persona dal collettivo stesso.

Insomma, tutte le volte che c’è un paratesto è funzionale a quello specifico testo: lo introduce, lo approfondisce, lo amplia, ne puntualizza alcuni aspetti interessanti, lo arricchisce. Ed è giusto far così, non è forse l’autore e quello che nasce dalla sua mente che conta in ogni libro, libro diverso da tutti gli altri proprio perché unico è l’autore che lo scrive?
Prima l’autore e poi l’autore e poi l’autore. L’autore è sovrano. L’editore verrà dopo, meglio ancora se non verrà, se resterà invisibile. Tanto più si renderà invisibile, tanto meglio risalterà chi il libro l’ha scritto e ideato, che è il motivo vero e profondo dell’esistenza di quello specifico testo.

E passiamo ai romanzi. Sto leggendo Gadda, Il pasticciaccio nell’edizione Garzanti. Il libro si apre con una «Presentazione» di tre pagine scritta da Piero Gelli. L’argomento: i libri della collana Garzanti? Le strategie editoriali della casa editrice? Ma certamente no! Parla del Pasticciaccio, di cos’altro dovrebbe occuparsi? E poi potete anche leggervi il romanzo.

Gianni Celati, invece, redige una lunga «Introduzione a Bartleby lo scrivano», per Feltrinelli. Inutile mostrarvi altri casi, i libri sui vostri scaffali sono la prova evidente di quello che sto dicendo. Magari poi le saltate queste introduzioni, è un diritto del lettore saltare gli apparati e incontrare direttamente il testo. Ma se l’editore ha premesso quelle pagine al testo principale, è perché aveva in mente una sua gerarchia del libro, gerarchia volta a mettervi nelle condizioni di leggere con più profondità il testo. Un segno tangibile della sua filosofia di pubblicazione sempre rivolta all’autore e al lettore.

Perciò non capisco il motivo per cui un editore consideri più importante la sua attività di editore in quanto editore, al punto da premetterla in ogni sua pubblicazione, all’attività dello scrittore, che è il motivo per cui i lettori comprano i libri. Non posso credere che il crodwfunding si presenti solo così: l’autore secondario alla modalità di pubblicazione. Non dite che posporre o premettere sono la stessa cosa. Hamburger e fiorentine non lo sono.

Ora una domanda: c’è qualche editore in crowdfunding che non sente la necessità di dichiararlo in testa al libro? Perché non dirlo in fondo, come nelle ultime pagine del libro ogni editore elenca le uscite recenti della sua collana? Se ci fosse un editore simile, segnalatemelo per favore. Non posso pensare che per il crowdfunding la modalità di pubblicazione sia più importante di chi viene pubblicato.

12 commenti

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12 risposte a “Quando l’autore viene dopo

  1. Michele Scarparo

    Facciamo un esercizio: dato che le cose non succedono mai per caso, se invece di avere una fascetta i libri si aprono con una tirata sul crowdfunding non è una bizzarria ma una scelta. Se è una scelta, la prima cosa che mi viene in mente è che quando si magnifica un vino lo si vuole vendere, specie se la fonte di tanta cortesia è l’oste.
    Dunque, se il nostro oste sta cercando di vendere un vino, lo farà davanti a una platea di bevitori. A prima vista, però, il lettore di un libro non è interessato al modo in cui viene pubblicato. L’oste ha sbagliato target.
    E se invece ci avesse visto giusto? Si sa che gli scrittori in cerca di visibilità fanno massa: i legami di tutti quelli che ci provano, tra i blog e sui social, lo stanno a testimoniare.
    L’ultimo passo di questo sillogismo è che l’editore sa che il libro verrà acquistato, per la maggior parte se non in toto, non da lettori ma da altra gente, gente che ha un libro nel cassetto e tutta la voglia necessaria per spingere altri volenterosi a scommettere su sé stessi. E qui il cerchio s’allarga, e si chiude.
    Il riassunto è che l’editore è il primo a sapere che non venderà il libro se non in pochissime copie. Breve storia triste.

    • Credo proprio che tu ci abbia azzeccato.
      Sig.

    • Vediamo se ho capito: dici che si vendono pochi libri con il crowdfunding, ma si vendono soprattutto ad aspiranti scrittori con un libro nel cassetto che può essere riesumato grazie al crowdfunding. Una sorta di catena di cui si è soprattutto anelli?

      • Michele Scarparo

        Questa mi sembra la più probabile interpretazione di una “prefazione” come quella che hai riportato.

  2. Tiziana

    Scusa, mi sono fermata prima di leggere tutto il post, ma forse dovrei terminarlo tutto prima di esprimermi. Premetto che per me il crowfunding non so come giudicarlo e non mi addentro nel tema perché ignoro tutta la modalità di tale pubblicazione. Se non sono sicura sull’argomento preferisco star zitta. Qualche accenno l’ho detto in un commento di giorni fa in cui dicevo che non fa per me per diversi motivi, ma non sindaco chi si trova bene col crowfunding.
    Ti chiedo scusa di nuovo perché può darsi che mi sto perdendo la spiegazione nelle righe successive, ma io sono rimasta stupefatta che appena aperto il libro si parla dell’editore. Non l’ho capito. Con tutto il rispetto che ho per loro, mi sembra che nei libri si parli dell’autore non di chi lo ha pubblicato. Sarà la stessa persona? Poi, giuro che stasera finisco di leggerti, ma sono rimasta colpita dalle prime frasi e probabilmente non è neppure il nocciolo del tuo post.

  3. Non esistono editori in crowfunding, almeno per come la vedo io. O sei un autore indipendente, quindi anche editore, e raccogli con il crowfunding i soldi necessari per pagare i professionisti che utilizzi per editing, copertina, promozione etc, oppure sei un editore eap che invece di incassare dall’autore raccoglie i soldi con crowfunding. Capisco che è una posizione in po’ estrema la mia, ma se ci pensate non senza una certa logica.

    • Grazie della tua osservazione. Giusto per capire meglio il tuo pensiero, che dici estremo, stai forse dicendo la stessa cosa che ho detto in questo breve post?

      Editoria 2.0 a pagamento?

      Te lo segnalo, come elemento di discussione, solo perché voglio capire bene questa pratica, al di là di quelli che la sposano incondizionatamente o incondizionatamente la rifiutano.

  4. Come Mario, pensavo anch’io che il crowdfunding riguardasse un autore che pubblica in proprio. Non mi è mai capitato di imbattermi in editori che utilizzano questo metodo per racimolare quattrini… allora tanto varrebbe essere un autore self fino in fondo.

    Per quanto riguarda le introduzioni, in anni recenti ho preso l’abitudine di leggerle dopo aver letto il romanzo perché temo che, in qualche modo, mi influenzino. Tra l’altro ho trovato presentazioni che ti raccontano proprio la rava e la fava, ovvero: come rovinare il piacere della lettura.

    • Infatti i testi che precedono il libro possono essere letti o saltati, letti prima o dopo l’opera vera e propria, possono essere interessanti o noiosi. Però è innegabile che sono in relazione diretta con il libro. Anche i testi scolastici hanno apparati introduttivi ad opera degli autori, legati alla metodologia del testo. In questo caso invece la premessa, introduzione, o come si vuole chiamarla, è identica per tutti i volumi della collana e conclude dicendo che se il libro ti è piaciuto puoi consigliarlo ad altri e puoi preordinarne un altro sul sito della casa editrice usufruendo di uno sconto.

  5. Michele Scarparo

    Questa è l’home page di Bookabook:

    Decidete voi quanta parte è rivolta a chi legge e quanta invece è rivolta a chi scrive: questo vi descriverà il vero target che hanno in Bookabook.
    Poi fate lo stesso esperimento con altri: Mondadori, minimumfax, Sellerio, Neri Pozza, Nutrimenti giù fino all’infausto Gruppo Albatros, emblema dell’EAP. Fate la vostra personale classifica e decidete voi dove mettere il confine tra editoria e editoria a pagamento.

  6. Anna

    Un intero articolo per dire che un editore non è un editore solo perché mette una lettera prima del testo?
    Lettera peraltro interessante (l’ho letta anche io) dato che il meccanismo di pubblicazione è senz’altro diverso dal solito. Quella che fate non mi sembra una critica sulla sostanza, ma solo una speculazione filosofica. L’autore non sarebbe più centrale solo perché il capitolo inizia a pagina 5 al posto che a pagina 3? Se avrete letto altri libri saprete che le varie prefazioni di personaggi noti sono fatte apposta per attirare l’attenzione su libri di autori, spesso, molto meno noti. E poi è pieno di editori che raccontano i fattacci loro sulle alette dei libri.
    Il settore dell’editoria ha bisogno di innovarsi per sopravvivere… e a mio avviso il crowdfunding offre un’opportunità in questo senso.

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