«Scrivere è un lavoro duro, e Dio vi aiuti se pensate che non lo sia».
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Lavori forzati
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Scrivere per il dimenticatoio
«Il bravo scrittore ci fa dimenticare che stiamo leggendo. Quelli poco dotati non fanno che ricordarci che quelle che abbiamo di fronte sono soltanto parole su una pagina».
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Smancerie editoriali
«In linea di massima i vezzi si dividono in due categorie: i vezzi brillanti e i ricercati. I primi tendono a comparire nei dialoghi, quando per esempio un personaggio ha un’uscita particolarmente pregnante ma del tutto fuori luogo, cioè senza che la situazione o la sua stessa natura la giustifichi. I vezzi ricercati di solito compaiono nelle parti descrittive, spesso nelle metafore, quando tutto d’un tratto la scrittura fa una strana impennata e il lettore resta lì a domandarsi perché».
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Defenestrazione
«Poi ci sono quelli che condiscono la loro prosa con frasi démodé e parole desuete per darsi un tono. A questi dico soltanto: o la piantate di essere così pedanti, oppure buttatevi dalla finestra».
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La gioia di scrivere
«Quando un autore prova gioia nel creare la sua opera, questo trasparirà da ciò che scrive, anche se si tratta di un manuale di economia e di un altro testo che prevede la semplice e diretta trasmissione di informazioni. Digeriamo più volentieri le informazioni più ardue se abbiamo la sensazione che lo scrittore sia contento di raccontarci ciò che sa».
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Scarafaggi
«Uccidere i propri vezzi non è piacevole ed è una di quelle cose che rendono così difficile l’arte della scrittura, però è necessario. Ogni autore, prima o poi, è costretto a farlo. I vezzi spuntano in ogni prima stesura di ogni libro di cui faccio l’editing. Ci tiro una riga sopra per far capire che andrebbero eliminati e, immancabilmente, quando mi tornano le bozze dall’autore, le creature moleste sono ancora tutte lì. Ormai non mi stupisce neanche più: i vezzi sono molto resistenti, come gli scarafaggi. Resistono da una versione all’altra perché lo scrittore se ne è innamorato; magari è disposto a tagliare intere scene, ad asciugare la trama, a rinunciare a qualche personaggio, ma a eliminare i vezzi no. Quello mai».
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Il mestiere più bello del mondo
«Quello dello scrittore è il mestiere più bello del mondo, perciò è giusto sia anche il più difficile. Essere pubblicati non dovrebbe essere una cosa troppo facile. Immaginate per un attimo che lo fosse: ogni persona in possesso d’una macchina per scrivere o di un computer e di un po’ di tempo libero, avrebbe un libro in fase di pubblicazione. In pratica, vivremmo in una discarica letteraria. Le persone che amano leggere dovrebbero passare al setaccio centinaia di libri pessimi per trovarne uno passabile, e centinaia di libri passabili per trovarne uno grandioso.
Be’, in effetti questo è proprio il lavoro che faccio io».
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Sbornie letterarie
«Se scrivere vi sembra una passeggiata, c’è qualcosa che non va. Certamente conoscerete qualche raro momento di grazia e, di tanto in tanto, procederete spediti ma, nel complesso, scrivere non è mai un’impresa facile. Le uniche volte in cui lo sembra è quando siete sbronzi, ma il giorno dopo vi domanderete chi è che è entrato in casa vostra e ha scritto quelle cazzate».
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Tecniche di scrittura
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Similitudini e no
«Una volta mi capitò di leggere un manoscritto abbastanza bello, però mi irritava l’uso (o abuso) che l’autore faceva delle similitudini. Scriveva di un montanaro che stava risalendo il crinale di una collina e il suono “del vento tra le alte conifere era come un coro di mormorii che proveniva dalle profondità dell’oceano”. Per carità, magari è anche carina come frase però è assolutamente inutile. Io non sarò mai Messner, ma non ho certo bisogno che qualcuno mi spieghi come sia il suono del vento che soffia tra gli alberi. Se il personaggio del libro fosse stato su una barca a remi in mezzo all’Atlantico e avesse sentito un coro di mormorii provenienti dalle profondità dell’oceano, invece, mi avrebbe fatto comodo sapere che quel suono assomiglia a quello del vento. In questo caso, dunque, la similitudine delle conifere sarebbe stata illuminante».
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