Raccontami la storia

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Uno dei momenti più importanti per uno sceneggiatore è quando un regista o un produttore si rivolge a lui con queste tre parole: raccontami una storia.
L’adrenalina che la richiesta scatena in entrambi – chi racconta e chi ascolta – non è facilmente spiegabile. La possibilità che un film venga o no prodotto dipende da quell’incontro, il momento del «raccontami la storia».
Se vi siete trovati in questa situazione, qualcuno che attende da voi la storia, sapete ciò che si prova in quegli attimi. A tutti gli altri posso solo augurare di trovarsi prima a poi alle prese con chi pende dalle vostre labbra, muore dalla voglia di sapere, è disposto a farsi trasportare nell’avventura che avete appena scritto.
Se narrando lo farete innamorare della vostra storia, è probabile che molte persone in seguito si rimboccheranno le maniche per realizzarla visivamente. Sembra perciò che la vera capacità di uno scrittore di cinema stia nel raccontare trame avvincenti.

In molti ritengono di saper scrivere. Quello che invece pensano che gli manchi sia la fantasia necessaria per sviluppare una trama cinematografica.
Partono in quarta con la prima scena del film, descrivono una bellissima sequenza, ma poi non sanno come proseguire. Al terzo tentativo fallito si convincono che l’ostacolo più difficile da superare per scrivere un film stia nell’inventare la storia. Ne consegue che la differenza tra loro e uno sceneggiatore professionista consista nella capacità genetica di quest’ultimo di inventare trame. Stilisticamente saprebbero che parole usare, ma ciò che non riescono a produrre è la trama tutta intera, che sembra la qualità professionale decisiva di chi sceneggia. È vero esattamente il contrario.

Il problema di uno sceneggiatore professionista è quasi sempre di natura stilistica: come rendere avvincente una trama sulla carta, e non quale trama raccontare.
Vi svelerò un segreto. Seguendo uno schema di lavoro razionale e consolidato, la storia può essere facilmente creata: la differenza tra una storia noiosa e un’altra che acchiappa risiede invece nella capacità formale di renderla interessante.

Facciamo un esperimento. Forniamo la stessa trama a due sceneggiatori, senza che lo sappiano: personaggi identici, stesse ambientazioni, colpi di scena uguali per entrambi, finale prestabilito. Il riassunto della storia, magari scritto in dieci pagine molto particolareggiate, è sotto i loro occhi. Eppure alla consegna del lavoro avremo due sceneggiature, magari entrambe di 120 pagine, completamente diverse. Una, quella che verrà scelta per il film, sarà più avvincente dell’altra pur narrando gli stessi fatti. La differenza che la rende più efficace è solo di natura stilistica. Cioè, la storia più avvincente sarà quella che risulta scritta meglio.
Tutti possono scrivere una storia, ma scriverla bene è tutta un’altra storia. Vogliamo iniziare, allora?

Che cosa c’è all’inizio di un film? Cosa ne genera l’avvio?
Un’idea, ovvio. Un’ispirazione, una scintilla che illumina dei fatti.
Questa scintilla può nascere da chiunque: dallo sceneggiatore, dal regista, dal produttore, da chi passa per caso. Non importa chi ha avuto l’idea e perché l’abbia avuta, l’importante è che ci sia un’idea da esplorare. Un’idea non è altro che un’intuizione pura.
L’idea della Dolce vita di Fellini sembra sia nata al regista quando ha visto una signora elegante venirgli incontro mentre passeggiava per Roma. A quell’immagine a passeggio il regista ha associato una certa atmosfera della Roma di quegli anni. Nulla a che vedere con il film, dove quella signora elegante non appare. Quell’immagine è stata solo una sensazione, una sollecitazione, che è stata poi sviluppata in una sceneggiatura, con tanto di trama, che ha reso possibile il film.

Un romanzo, un racconto, un articolo di cronaca, una barzelletta, una foto, uno sguardo, un gesto – praticamente tutto – può dare origine a un’idea per un film. Anche un post letto in rete, perché no?
Scrivere però una sceneggiatura di 120 pagine a partire da un’intuizione – nata per esempio da un quadro visto al museo – implica un processo di sviluppo graduale: individuata un’idea occorrerà poi strutturarla. Anzi, occorrerà non solo strutturarla, ma strutturarla in maniera drammatica.

Siamo giunti al concetto più importante della scrittura cinematografica: la struttura drammatica del film. È talmente importante, che è meglio fermarsi qui e parlarne approfonditamente la prossima volta.
Nel frattempo ci si può guardare attorno in cerca di idee che possano ispirarci. Questo bisognerebbe farlo sempre, tutti i giorni, ventiquattr’ore al giorno, quindi anche dormendo. Soprattutto dormendo.

6. Continua

4 commenti

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4 risposte a “Raccontami la storia

  1. Ho sceneggiato un cortometraggio, qualche anno fa! Beh, sceneggiato forse è un parolone, perché non sono esperta nel settore, ma mi sono documentata sulle caratteristiche di una sceneggiatura, cosa deve prevedere, come va strutturata e ne è venuto fuori un risultato molto apprezzato. Lavoravo nell’ambito di un progetto scolastico: ho prima scritto il soggetto della storia e poi sceneggiatura e copione per i giovani attori (una classe di V elementare). Ricordo di essere partita da una suggestione rilasciatami dalla lettura di un libro, mi è rimasta talmente dentro da fornirmi spunti e motivazione per mandare avanti il progetto. Bella esperienza!

    • Grazie che ce la racconti. Sì, si parte sempre da una suggestione, è la linfa vitale di una storia. Vale anche per la narrativa, ovviamente. Lavorare poi con i più piccoli è una delle esperienze più arricchenti. Sei stata fortunata, immagino che hai ricevuto molti stimoli dal tuo piccolo cast. Se non l’hai già fatto dovresti parlarne sul tuo blog.
      Esperti del settore poi si diventa dopo tanta, tanta scrittura. In questa vita siamo tutti principianti. Se ce ne daranno una seconda, allora sì, potremo definirci degli esperti.

  2. Lo sai, mi hai dato una bella idea: raccontare la mia “esperienza cinematografica” a contatto con i bambini. Grazie!
    Sul mio blog c’è già una prima parte (ho amato il ricordo di quei momenti!)

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