Non so voi, ma io mi scordo facilmente ciò che ho fatto solo pochi minuti fa. La demenza senile si impossessa di me sempre più spesso e dimentico i nomi delle persone con cui ho parlato ieri, dei luoghi dove sono stato in vacanza l’anno scorso (ma sono poi andato davvero in vacanza l’anno scorso?), qual è la parola per indicare quell’oggetto che voglio che mi sia dato, motivo per cui a tavola per esempio dico «mi passi il coso per la cosa?». Chi mi capisce è bravo, oltre che paziente. Figurarsi se posso cimentarmi in un romanzo, mi scorderei il nome del protagonista e di quello che deve succedere già a pagina 3.
Invece non si sono dimenticato il primo verso di una filastrocca di Gianni Rodari, la prima poesia che ho imparato in prima elementare. Parlava dell’autunno, e diceva: «Cadon le foglie come farfalle, ve n’è di rosse ve n’è di gialle». La mia prima filastrocca: che amore!
La filastrocca è un tipo di composizione che non solo mi riporta all’infanzia, quando ero felice e non lo sapevo, ma è anche probabilmente il modo in cui molti di noi, per non dire tutti, si sono accostati alle parole, alle prime frasi scritte della nostra vita. Mi sorprendo a volte in libreria nel reparto per l’infanzia a leggere quei libriccini spugnosi, colorati e illustratissimi, che raccontano storie in poche parole ai piccoli. Sono soprattutto basati sui disegni: la pecora, la coccinella, gli amici, e chissà mai perché compare sempre un’immancabile vigile del fuoco, forse perché i libri sono a rischio incendio? Il testo fa da corredo alle immagini, però in realtà i piccoli lettori che non sanno leggere imparano presto a memoria le poche frasi che stanno in quei libretti, e le ripetono come canti, anzi come cantilene, iniziando così a familiarizzare con le filastrocche.
E allora torniamo un po’ bambini e un po’ scrittori per l’infanzia e diamo spazio alla versione filastroccosa del nostro solito thriller paratattico. Come sempre l’invito è rivolto a tutti, anche a quelli che passano solo per leggere. Ma come? Vorreste resistere alla tentazione di comporre una filastrocca? Non sia mai, fatevi corrompere da Hitchcock, o se preferite da Helgaldo, e postate il vostro contributo. Buon divertimento.
Una giovane donna si trova sperduta nel quartiere parigino di Montmartre, intorno a lei una scura coltre di buio. La giovane cammina fra i vicoli costeggiando un lungo muro, ha paura, entra finalmente in una casa. Sale le scale, comincia a intravedere una luce, si trova nel mezzo di un bar frequentato da uomini ubriachi. Gli uomini si avventano su di lei: la vogliono rapinare, forse abusarne. La donna urla di terrore, i maniaci la legano, la buttano in un fiume, aspettano sulla riva di vederla divorata dai topi. La donna sprofonda nell’acqua, comincia a dondolare. Si sente soffocare. Una mano la scuote, si sveglia, finalmente la voce amica del dentista: «Tutto fatto signora. Mezza corona, prego!»
Alfred Hitchcock con Helgaldo
C’è una ragazza, giovane e bella,
se ne va in giro, con la mantella
per le stradine giù a Parigi
dov’è la Senna, non il Tamigi.
Scende la sera, cala la notte
perde la strada, teme le botte
rasente al muro vede ‘na luce
sale le scale cerca la pace;
ma trova un bar mal frequentato
pieno di ceffi, l’è affollato
questi la vedon, ci pensano su:
sembra la tana di sei barbablu!
La povera bimba, presa d’assalto:
le vogliono fare pelle e quant’altro;
lei urla forte, prova a scappare,
ma non si salva, niente da fare!
Loro la legan, la buttano sotto
nel fiume nero che corre ratto.
L’acqua la copre lei non respira
dondola piano, gira rigira,
vede a riva orde di topi
che hanno fame come ciclopi.
Poi una mano gentile la prende:
è il dentista, brutto fetente!
Si trova stesa, con l’anestesia,
senz’alcun male, ma sol leggiadria
“È tutto fatto. Mezza corona.”,
dice lui bello: è proprio mona!
Bravo Michele,
sei diligente,
fai filastrocche
come un sapiente.
Dategli un thriller
o una tragedia
te li trasforma
in una commedia.
È un mezzo Rodari
coi controcazzi
scrive le rime
senza svolazzi.
Ma se un romanzo
deve poi fare
ci mette cent’anni
per pubblicare.
Caro il mio Helgaldo
non fo’ rime a saldo
che son maramaldo
e il lemma lo sfaldo.
Il thriller dileggio
la tragedia sboccio
ma ho un grande cruccio:
sol rider vi faccio.
E quando la storia
si fa un poco seria
la penna mia svaria
e piango miseria.
Romanzi? Ci provo;
la storia io scovo,
ma se non mi muovo
è sol perché covo.
Sei uno scrittore
strano esordiente
che da gallina
non cova mai niente.
Di tutti i post che ho già postato
questo mi pare il meglio covato.
Siamo pulcini della scrittura
siam romanzieri per la frittura.
In libreria vorremmo finire
ma a pagamento dobbiamo bollire,
ché l’editore ci ha già cucinato:
«tremila euro a pubblicato».
🙂
Il lavoro mi chiama, dovrai aspettare
se vuoi una risposta, che la sera appare 😉
Una donna assai carina
nella notte parigina
si è smarrita, poveretta,
vaga in tondo da un’oretta.
Qui c’è un muro da seguire,
lì c’è un uscio, forza entrare!
Qua una scala da salire,
là una luce a illuminare.
Accipicchia, che disdetta!
In un bar si è ritrovata,
tutta gente malfamata
che si attacca alla borsetta.
Assassini e criminali
la vorrebber violentare.
Mascalzoni ed ubriachi
la vorrebbero legare.
«Dentro il fiume la gettiamo,
se poi affoga noi brindiamo!».
Urla e piange la fanciulla,
galleggiando si trastulla.
Anche i topi sono giunti,
se la pappano convinti.
La sua fine è già segnata,
ma che splendida nottata!
Ma che dici? È già mattina!
L’ha svegliata una manina.
Il dentista sorridente
le ha levato solo un dente.
Una donna assai carina
senza un dente la mattina.
«Tutto bene, signorina.
Prego, mezza coroncina».
🙂
Ambaraba cciccì coccò,
donna a Parigi il buio trovò
Costeggia paurosa vie e stradine
matta s’addentra fra case e casine;
in cima alle scale una luce filtrare
Sale guardinga, decide di entrare.
Oh poveretta, sola e indifesa
uomini ubriachi, mio dio, l’hanno presa!
La tirano, la vogliono, la buttano giù,
legata, impaurita, non respira già più!
che la Senna impietosa ormai l’ha inghiottita
coi ratti bavosi a leccarle le dita;
poiché la sua carne è morbida, gustosa
ma una mano la scuote, la sveglia, smaniosa,
riconosce il dentista, un dente levato,
il suo incubo, sì, che è ben giustificato!
“Ha avuto paura?”
“Lo nego, lo nego!”
Allora “Tutto fatto, signora, mezza corona, prego”
Ambarabà, ciccì, coccò,
c’è Marina dentro il blog
fa filastrocche da paura
su una ragazza molto pura
che col dentista poi ci provò
«mezza corona», ciccì, coccò.
Bim bum bam,
Da ste parti chi ci sta?
Siamo seri, siam scrittori,
qui si scherza anche da attori.
Poeti, cantastorie, menestrelli,
Siam rimanti un po’ ribelli.
Ruoli chiari e definiti:
Hell il maestro, noi tutti impazziti!
Altroché ubriachi, Senna e ratti,
questa di Helgaldo è una gabbia per matti!
Una giovane donna si trova sperduta,
Intorno a lei la notte è muta;
Ma non è nel paese di molto lontano,
è a Montmartre, un quartiere parigino.
Cammina cammina, il vicolo è scuro
con tanta paura costeggia il muro.
Poi finalmente, trova una casa
entra convinta la luce è accesa!
Su per le scale, sola e indifesa,
non sa che l’attende una brutta sorpresa…
Si trova nel mezzo di un bar malfamato,
da uomini ubriachi è frequentato.
Comincia a urlare, vuole scappare,
ma è troppo tardi, c’è poco da fare.
Rapinata, abusata, dopo legata,
via nel fiume, va’ annegata.
Aspettano a riva i malviventi,
l’arrivo dei topi, tutti contenti.
Questi non si fanno desiderare
hanno già fame e voglion mangiare.
Povera donna, sta per soffocare,
giù nell’acqua va a sprofondare.
Dondola dondola, nel fiume su e giù.
Ondeggia ondeggia, poi non c’è più!
La sveglia dal sonno il dentista amico,
la scuote una mano, tutto è finito.
Resta in sospeso il pagamento,
mezza corona per farlo contento!
Piove, piove, la gatta fa le ove,
arriva la Marina, poi Iara s’avvicina
e fan la filastrocca, tra lingua, denti, bocca,
ci mettono le rime, che sembrano bambine,
per far contento Helgaldo, se sbrocca perché è caldo,
lui Hitchcock ci propina, da sera alla mattina,
con una pia storiella che sembra proprio bella
ma se la guardi bene ti fa strappar le vene
Helgaldo sai è furbo: ci fa scriver col turbo
sul sito qui “da dove” vuol storie sempre nuove.
😀
Ritorna da Helgado la storia d’orrore;
ma le filastrocche sol parlan d’amore!
Ci volevan Michele, Iara e Marina
che scrivono strofe da sera a mattina
per preparar di tal guisa novella
che a leggerla tosto ti toglie favella.
E muto d’orrore con il pelo arruffato
il Coniglio stasera va a letto filato.
Filastrocca con sviluppo classico
Ohi, un dente mi fa male!
Devi andare all’ospedale.
All’ospedale c’è un dentista
che è anche un po’ anestesista.
L’anestesia ti fa sognare
a Montmartre sembra di stare.
Sembra d’essere di notte
per le scale tutte rotte.
Lassù in cima c’è una luce,
dentro al bar lei ti conduce.
Nel locale c’è marmaglia
avvinazzata, che gentaglia!
Gli ubriachi han lunghi denti
unghie aguzze, che frangenti!
Con le unghie ti han spogliata
con le corde ben legata.
Ben legata dentro al fiume
soffocata dal marciume
nel marciume ti dibatti
e già spuntan mille ratti!
Ma fra i ratti da lontano
ecco tendersi una mano;
una mano che ti è amica
ed in men che non si dica
ti trasporta dal dentista.
Il dentista, o qual vista!
Ride accanto alla poltrona:
“tutto fatto. Mezza corona!”
Eh, i classici… intramontabili. Omero, Virgilio, Dante, Ariosto, Mencaroni…
Sembra un “trova l’intruso”. Quale sarà? 😀
Virgilio: è l’unico nome con lettere pari! 😉
Nononono: è dante! Perché non è un nome proprio, ma un participio!
Ormai tu sei irrecuperabile, dopo quest’ultima osservazione. Ti mando l’ambulanza. Non fare resistenza.
Devo smettere di proporvi questi post, state impazzendo entrambi.
Ahaha, però sono sicura che hai fatto il conto delle lettere di tutti i nomi per verificare!
Ora mi concedo alla camicia di forza, purché a maniche corte , fa caldo!!
(Una camicia di forze a maniche corte, ahahah!)
Come volevasi dimostrare 😦
Camicia di forza con le maniche corte però è creativo, da stilisti per manicomi.
Siete Fantastici!!!! ^__^
Vedi che nessuno ha azzeccato la soluzione… La risposta giusta era Omero. L’unico cieco del gruppo.
Helgaldo, prepara un’altra camicia di forza a maniche corte per il sig. Wererabbit Mencaroni! 😀
L’importante è che abbia un buco per il codino…
Provvederemo…
Grasse risate! LOL (si può dire LOL in un blog serioso come questo? Lo metterei in italic ma non so come si fa) 😉
😀
È arrivata anche Lisetta
in ritardo di un’oretta.
Filastrocche non ne fa.
è fuggita in Canadà.
😀
Se consola lo scrivente,
neanche il pranzo tengo a mente.
Questa storia mi diletta
ma di rime sono stretta.
Lascio il posto e son contenta
a chi scrive, pensa e inventa,
con ardore e con impegno,
per chi apprezza tanto ingegno.
Mi dilettan queste storie,
cupe, fiere e con baldorie,
per cui faccio i complimenti
e sorrido a pieni denti,
a chi il gioco ha inventato
e l’applauso s’è sudato.
Questo blog non conoscevo,
era un errore che non sapevo;
se fin’ora era ignorato,
tornerò, ciò è assodato.
Lascio spazio alla fantasia
saluto, mi inchino e volo via.
Ciao ciao ^^
Un rapace in casa mia
verseggiando fa poesia,
filastrocche di Montmartre,
non da noia come Sartre.
Divertenti, irriverenti,
gazza ladra dei commenti.
Benvenuta alla poiana
dentro a questa tribù strana.
Qui si ingabbiano i pensieri
dei volatili leggeri,
ma le ali non tarpiamo
vola vola, vai lontano.